Scendendo da Brescia verso Orzinuovi,in una bassa bresciana apparentemente sempre uguale, ad un certo punto incontri Pompiano. Non puoi sbagliare, con il suo campanile che già da alcuni chilometri prima ti saluta, svettando con i suoi quasi 60 metri a dominare la campagna circostante. Nel centro storico del paese vi è una sorta di triangolo virtuale, dove passato, presente e futuro si intersecano. Da una parte il campanile accompagnato dalla parrocchiale dedicata a S. Andrea apostolo; poco più in là, quasi di fronte la statale trafficata, palazzo Maggi, dimora molto probabilmente del filosofo Berardo Maggi; appena dietro, la Peschiera. Poco distante si proietta al futuro la costruzione della Banca di Credito cooperativo di Pompiano e Franciacorta inserita in una piazza dall’atmosfera dechirichiana. Dal punto di vista storico–artistico palazzo Maggi (la Domus civica sede della biblioteca e del centro anziani) ricopre sicuramente un ruolo da protagonista, dove il vissuto storico si mescola alla bellezza artistica. Curiosa per la sua singolarità è la Peschiera, elegante edificio dalle origini seicentesche, anche se nel corso dei secoli ha subito diverse trasformazioni, fino alla attuale, che risale alla metà del settecento. Oggi il Comune l'ha trasformata in uno spazio espositivo. Passeggiando nella campagna intorno a Pompiano, ricca di rogge e fontanili, si può solo immaginare come doveva essere un tempo questo territorio, ora quasi interamente coltivato, sicuramente coperto da fitte boscaglie. Dopo pochi chilometri arrivi a Gerolanuova e qui ti appare, quasi per incanto,il settecentesco palazzo Feltrinelli Negroboni (una sorta di piccola Versailles). A poca distanza la chiesa dedicata a San Raffaele che, con quella dedicata a San Giovanni Battista (Zurlengo), ti suggeriscono la tradizione religiosa degli abitanti del luogo. Terra di passaggio, terra di confine, terra di conquista ha saputo guadagnarsi una sua identità che scaturisce dall’insegnamento di grandi parroci e dalla unione di intenti e caparbia di tanti amministratori pubblici e privati che hanno contribuito a rendere questa Comunità attrezzata per affrontare le sfide del terzo millennio.
A metà strada tra le Alpi ed il fiume Po, quasi al limitare del territorio cremasco, sull’asse stradale BresciaCremaMilano, Romanengo offre inattese prospettive a chi si voglia fermare un poco. Paese di tradizione agricola ha subito negli ultimi anni una decisa espansione artigianale e produttiva. E' caratterizzato da spazi accoglienti e da una comunità propensa all’incontro. Lo dimostrano le numerose feste e la presenza di un teatro che vanta una storia ventennale. Il territorio è caratterizzato dalla presenza del Pianalto con la riserva naturale del Naviglio Melotta. Il suo territorio, dai contorni irregolari,si erge di circa una decina di metri al di sopra della campagna circostante e testimonia un antico livello di pianura pleistocenica sollevatosi a seguito di spinte tettoniche verticali e poi rimasto affiorante sul livello attuale della pianura. Oggi ne viene riconosciuta l’importanza da un punto di vista naturalistico, storico, geografico e ambientale. All’interno del paese si collocano alcuni significativi edifici tra cui la Chiesa intitolata ai SS. Giovanni Battista e Biagio completamente affrescata e la chiesetta della Misericordia, uno dei documenti storici più rilevanti del territorio.Nella zona centrale del paese si colloca il più antico reperto storico rappresentato dalla rocca castello risalente alla seconda metà dell’XI°secolo. Tale presenza architettonica sta ad indicare la rilevanza che Romanengo ebbe nel corso di varie epoche per tutto il territorio dell'alto cremonese. La sua importanza fu di natura politica, ma anche sociale ed economica. Fin dal suo nascere, in periodo comunale, fu a capo di una podestaria (comprendente Casaletto di Sopra, Ticengo, Salvirola, Fiesco, Albera e Ronco Todeschino) retta da un podestà nominato dal Duca di Milano. Un ruolo chiave il paese lo ebbe principalmente nell'erogazione dell'acqua; qui infatti hanno origine le bocche di presa di molte rogge,la più parte delle quali vanta origini medioevali. Sono ad oggi presenti diverse risorgive. Esse sono un fenomeno delle pianure alluvionali che si manifesta con l’emersione, di vene d’acqua provenienti dal sottosuolo a causa della presenza di strati di terreno impermeabili. Fin dalla antichità l’uomo imparò che queste risorgive, erano in grado di garantire l’acqua in modo costante. Si costruirono allora i fontanili, opere idrauliche artificiali che sfruttavano un fenomeno naturale. Oltre che per catturare le acque, essi furono un valido aiuto per favorire la bonifica delle terre paludose.
Il centro abitato è disposto lungo un grande balcone affacciato sulla media valle dell’Oglio, intorno ad un’asse rappresentato dalla via Maggiore, oggi corso Aldo Moro, che rasenta sia la piazza del Comune che il sagrato della Chiesa Parrocchiale. La parte più bella e suggestiva del paese è nascosta dietro la chiesa parrocchiale, e dietro gli edifici ad ovest del tratto meridionale di corso A. Moro. E’ la cosidetta zona del Castello, di forma vagamente semicircolare, delimitata ad ovest da uno strapiombo prospiacente la valle dell’Oglio, e negli altri tre lati da ampi spazi, probabilmente occupati in passato da mura e dal fossato difensivo. Ma se la delimitazione esterna, con la sua circolarità (solo la linea dello strapiombo è quasi perfettamente rettilinea) denuncia una chiara origine medioevale, la struttura delle viuzze interne presuppone un più antico impianto romano. Il fulcro del paese rimane il centro storico, con la piazza principale su cui si affaccia il Palazzo Fenaroli, sede municipale; situata a pochissima distanza dal Castello, la piazza richiama la tradizione medioevale, di origine longobarda e franca, di creare un ampio spazio, appena fuori dal centro abitato, da adibire alle periodiche assemblee di popolo, il cosidetto “arengo”. Un paese immutato nel tempo: infatti, fino alla prima metà del XX secolo il paese è rimasto praticamente immutato per almeno 200 anni, basta osservare le mappe napoleoniche del 1808, quelle austriache del 1851 e quelle del Regno d’Italia del 1898: le variazioni sono minime, quasi impercettibili. C’è anzi da pensare che al tempo della battaglia di Rudiano (1191), il centro abitato non fosse molto più piccolo di quello esistente nell’ultimo dopoguerra.
La piatta uniformità della Bassa con la monotonia dei campi di mais, il caldo dell’estate, la malinconia delle nebbie autunnali,fanno di Villachiara una terra tutta da scoprire. Il nome é rimasto al paese a partire dal Quattrocento. Villachiara poté godere, a partire dai primi del Cinquecento, di un lungo periodo di pace che favorì lo sviluppo dell’agricoltura e la crescita demografica. Bartolomeo III Martinengo vi fece affluire pittori quali i Campi di Cremona, Lattanzio Gambara e forse Gerolamo Romanino,per abbellire stanze e prospetti del castello. Il rustico complesso del Razzetto, con suoi archi sostenuti da colonne in pietra serena, offre un esempio di architettura tardo rinascimentale. La chiesa parrocchiale ospita al suo interno un pregevole ciclo a fresco di Eliodoro Coccoli. La “Villa Clara” di origini medievali, assume nel suo nome il duplice significato di centro minore del territorio cittadino e “spoglia d’alberi”,visibile da lontano. In effetti le strade rettilinee del comune la fanno scorgere a distanza e obbediscono ai progetti di razionale sfruttamento agricolo. Interessante è il disegno urbanistico del capoluogo, ripreso su scala minore nelle frazioni di Bompensiero e Villabuona, che prevedeva gli edifici rurali disposti a pettine chiusi dai caratteristici “portoni”. Diversa é l’origine di Villagana, piccolo borgo sorto sul terrazzo alluvionale dell’Oglio, probabilmente attorno ad un edificio difensivo posto a protezione del vicino guado del fiume. Notevole il palazzo Martinengo. Sul muro esterno il leone marciano é testimone del lungo dominio veneto in questa terra di confine. Nell’ambito dell’antica dimora patrizia si può ammirare l’oratorio privato di San Vittore. Poco discosto dall’abitato, sulla riva sinistra del Gambalone, é collocato il santuario della Madonna del Rino dedicato a Maria Nascente XVI sec. Più in là, la solitaria chiesetta dei Morti di San Pietro custodisce le ossa delle vittime di remore epidemie. In prossimità di Bompensiero, il palazzo del Beleò ospita importanti affreschi dei Campi e del Fasolo. Nei pressi delle Martinenghe, la piccola santella di San Vittore ricorda ancora il luogo in cui sorgeva lo scomparso monastero agostiniano femminile di Ripalta. Accanto alle ricchezze storico artistiche, Villachiara è posta al centro dell’ansa disegnata dall’Oglio ed il suo territorio è interessato per oltre la metà dal parco regionale Oglio Nord, accoglie le riserve naturali dell’isola Uccellanda e della Marisca. La cordialità degli abitanti, le quiete, le cose semplici che vi si possono trovare, permettono di riprendere il motto che fino a pochi anni or sono campeggia va sul portone d’ingresso del Beleò: “Si viene a Villachiara e si ritorna”.
VEROLAVECCHIA BORGO DI MONTICELLI D'OGLIO
Il borgo di Monticelli d’Oglio,frazione di Verolavecchia è un borgo rurale unico nella bassa bresciana. ’ posto su di un’altura in riva al fiume Oglio tra i comuni di Pontevico e Quinzano. Presenta una struttura suggestiva composta dal palazzo padronale fiancheggiato dalla chiesa parrocchiale dedicata a S. Silvestro e dalla corte costituita dalle abitazioni dei braccianti con portici che si affacciano su una grande aia centrale. A lato della corte, si trova la zona che una volta svolgeva la funzione di magazzino. Su un’altura a ovest si trova il castello vecchio, dalle possenti strutture murarie.Le prime notizie di questo borgo risalgono al tempo dell’età del bronzo.Le fonti scritte sono diverse e abbondanti. La prima citazione di Monticelli è del 814 in un diploma di Lodovico il Pio, figlio di Carlo Magno, dove veniva ceduto Monticulodalla badia benedettina di Nonantola a favore del monastero bresciano di S.Salvatore.Fu possedimento dei Martinengo. Passò poi in feudo ai Griffi. Dal 1411 ai Provaglio e,via via le famiglie Borromeo e dei Greppi, entrambe di Milano.Questo piccolo centro ebbe una storia importante, legata alla sua posizione sul fiume fu sede di un porto e di un traghetto, ebbe un castello strategico fin dal secolo X e, pur nella sua modesta entità, fu comune autonomo sino al 1842. 'antico borgo, di origine quattrocentesca ma completamente rifatto nel XVII sec. mostra un disegno architettonico unico per la sua imponenza ed originalità. nucleo si compone di una grande corte del '600, porticata su tre lati, che comprendeva le case dei contadini (in parte ristrutturate) ed altri locali di servizio, i est e ovest della corte sono completati da bassi portici a quindici arcate,mentre il lato lungo,con tredici arcate è formato da due edifici separati dall’antica strada d’ingresso, forse il decumano della centuriazione romana. lato antistante la strada, si affacciano la chiesa parrocchiale e il palazzo gentilizio, di origini quattrocentesche, ristrutturato nel '500 e nel '600, ora Gironda. E' preceduto da un cortile d'onore, formato da un corpo dalle linee semplici e austere ed è seguito da un grande parcogiardino a terrazzamenti degradanti verso l'Oglio. Nei pressi del borgo, il palazzo sorto sulle rovine del castello, qualche antico edificio vicino al fiume,ed un antico mulino che sulla strada che da Monticelli conduce a Pontevico completano questi notevoli tratti paesaggistici.
Isola Dovarese è un piccolo paese in Provincia di Cremona addossato al fiume Oglio, che lo divide dalla provincia mantovana; deve una parte del suo nome alla famiglia Dovara che ottenne nel 1190 il territorio facente capo alla Pieve di S. Maria di Isola,le cui decime aveva donato Bonifacio di Canossa all’episcopato cremonese (1019). Nel 1322 Anna Dovara sposa Filippino Gonzaga legando Isola alla famiglia mantovana. Nel 1495 Isola passa “spontanea dedizione” sotto il dominio di Gian Francesco Gonzaga.Il toponimo Isola,“Insulae”,come viene citata nei documenti antichi è dovuto al fatto che il paese si trova su un piccolo terrazzamento a forma di goccia, proteso nella golena del fiume Oglio. Le acque, che la circondavano per tre quarti, rendevano questo insediamento di particolare importanza.Nel Medioevo diventa punto di approdo per le imbarcazioni che collegano il Po e il mare Adriatico,si consolida la sua importanza come guado del fiume collegando così due sponde che sono state il confine naturale fra stati e ora separano due province. Il fiume ha sempre rappresentato una risorsa ma anche un pericolo per Isola Dovarese come testimonia la memoria di inondazioni come quella del 1889.La piazza costituisce per il piccolo centro la testimonianza più significativa della protezione e del potere esercitato su queste terre dei Principi di Bozzolo, appartenenti al ramo secondario della famiglia Gonzaga, strettamente uniti al ramo principale dei marchesi di Mantova. Essa ha forma pressoché rettangolare allungata, si trova nel punto più alto del paese e definisce un ampio spazio che si apre per dare accesso alle tre vie principali: Angelo Grandi scrivendo nella sua opera la cronaca della provincia cremonese non tralascia di descrivere, nel capitolo relativo ad isola Dovarese, la splendida piazza e la attribuisce al progetto dell’architetto Giulio Brunelli per la committenza di Giulio Cesare Gonzaga.
CASTELLO GONZAGA
Dell’antica mole del castello gonzaghesco, edificato nel XVI secolo sui resti di una precedente struttura difensiva, si conservano il torrione orientale, l’androne d’accesso ed una parte della cortina muraria. Sull’intero complesso sono leggibili le tracce dei numerosi interventi successivi. Circondato un tempo da un ampio fossato, costituiva l’elemento cardine del sistema difensivo,insieme alle due porte che chiudevano l’ingresso al borgo, una a Nord, la Porta Spinata tuttora esistente, ed una a Sud, la Porta della Valle demolita alla fine dell’Ottocento. All’interno del castello si conservano altre due pregevoli strutture: un palazzo cinquecentesco con la sinagoga ed il piccolo teatro ottocentesco.
PARROCCHIALE DI SAN MICHELE ARCANGELO
Costruita tra la fine del ‘500 e l’inizio del ‘600 sul luogo della precedente chiesa eretta dall’Abbazia di Leno, è un edificio ampio e ben proporzionato, a navata unica scandita da dieci cappelle laterali. Numerose le opere d’arte conservate all’interno del tempio, a partire dalla imponente e suggestiva decorazione absidale a grandi teleri del pittore Giuseppe Tortelli. In controfacciata è invece esposta la precedente pala d’altare del XVI secolo, anch’essa dedicata a San Michele nell’atto di cacciare gli angeli ribelli. Fra le altre pregevoli opere si segnalano due dipinti di Andrea Mainardi, detto il Chiaveghino.
La città di Orzinuovi (Orci Novi), il cui nome deriva probabilmente da “urceus”, orcio o da “hordeum”, orzo è situata nella pianura della Bassa Bresciana Occidentale, sulle rive del fiume Oglio, e fu fondata dal comune di Brescia l’11 luglio 1193, data certa e documentata, in contrapposizione a Soncino,roccaforte cremonese.Resistono all'ingiuria del tempo ed all’incuria degli uomini alcuni palazzi della piazza centrale; fra questi degni di nota sono la casa Pavoni e il palazzo comunale di stile longobardosforzesco.All’arte rinascimentale risalgono il palazzo ObiciStrozzi, la parte ovest del palazzo comunale, specie per i portali di ingresso, la casa Gualtieri e le porte dell’antica fortezza del Sammicheli. Del ‘600 di linea rinascimentale barocca sono il palazzo Corniani e la facciata della Chiesa Parrocchiale di Santa Maria Assunta che si impone al centro della piazza, delle antiche strutture difensive si conserva ancora la Rocca, destinata oggi a centro culturale, il Castello di Barco, la Chiesa di San Domenico, la Chiesa di Santa Maria del Carnerio. Al centro del paese si trova la piazza Vittorio Emanuele II caratteristica per i suoi portici più volte rifatti, abbelliti e arricchiti a seconda del mutare degli stili architettonici, e considerati dagli Orceani e dagli abitanti dei paesi limitrofi punto di ritrovo per lo shopping oppure, semplicemente, per scambiare due parole in uno dei molti bar, ristoranti o locali che la circondano. Orzinuovi, come ogni cittadino e visitatore potrà notare, è ricco di storia, di tradizioni, di figure di primo piano nella cultura nazionale, che meritano di essere conosciute ed apprezzate vistando la cittadina e i suoi luoghi più rappresentativi.
Torre Pallavicina è un piccolo comune della Bassa Bergamasca, tra la province di Brescia e di Cremona, sulle rive del fiume Oglio. Torre Pallavicina non è la “solita borgata” che si può trovare in tante zone della pianura bergamasca, ma è qualcosa di anomalo. Infatti, non ci troviamo di fronte ad un centro vero e proprio, ma all’insieme di tre piccole frazioni: Torre Pallavicina (comunemente detta Torre),Villanuova e Santa Maria.Il nucleo storico si trova a Torre dove, tra la campagna, svetta un’antica torre di difesa fatta costruire nel 1450 da Tristano Sforza,figlio di Francesco I Duca di Milano, a difesa di questi territori dai Bresciani e dai Cremonesi. Quando Elisabetta Caterina,figlia di Tristano,nel 1484 sposò Galeazzo Pallavicino, portando in dote la torre e il villaggio annesso, quest’ultimo prese la denominazione di Torre Pallavicina, che venne poi estesa a tutta l’entità territoriale. Adiacente alla torre si trova uno splendido palazzo residenziale, edificato dal Marchese Adalberto Pallavicino, figlio di Galeazzo, nel 1550. Il palazzo, oggi di proprietà della nobile famiglia Barbò, viene spesso utilizzato per manifestazioni culturali. A Santa Maria è ubicata la chiesa dedicata a Maria Assunta, eretta nel 1490, con l’annesso convento cinquecentesco. Sempre a Santa Maria è possibile ammirare l’abitazione in cui si ritirò Elisabetta Caterina con la madre, dopo la morte del padre Tristano Sforza. Oggi la villa è di proprietà del Conte Agliardi. Villanuova è l’anima amministrativa e commerciale del paese: qui si trova Palazzo Covi, oggi sede comunale.
Il significato del nome Urago d’Oglio è incerto, ma la maggioranza degli studiosi lo ritiene di origine preromana. Nella zona detta Castellaro, nel 1998, durante lavori di scavo, è venuta alla luce una necropoli, le cui sepolture appartengono ad età diverse: del Bronzo, quella della prima romanizzazione, e quella altomedievale. I reperti più significativi di tali ritrovamenti sono esposti nella settecentesca Villa Zoppola.Tra l’800 e il 900 dopo Cristo, la zona del Castellaro viene abbandonata, e il nucleo delle abitazioni si sposta più a sud, nel luogo dove sorge l’attuale Urago. Dal 990 d.C. Urago passa dai Benedettini, al nobile Gabriolo Aliprandi di Milano, poi alla duchessa Regina della Scala ed infine al conte Prevosto Martinengo. Tra gli edifici di interesse storico e artistico sono da segnalare:La chiesa parrocchiale, dedicata a S. Lorenzo Martire, edificata nel 1400, rialzata e restaurata nel 1600, modificata e prolungata nel 1800. Al suo interno si trovano tele e dipinti di G.B. Crespi, detto il Cerano, di E. Scuri, del Mondini, di Giuseppe Riva. Gli affreschi del presbiterio e del coro sono del Guadagnini e di Vittorio Trainini. Il castello, edificato verso la fine del XIV secolo da Prevosto Martinengo, forse sulle rovine di un antico fortilizio,è uno dei pochi ancora esistenti nella zona. Struttura difensiva posta a controllare il fiume ed il porto, era fornito di ponte levatoio e in un riquadro sopra l’arco, è dipinta l’aquila dei Martinengo. La Chiesetta dei Morti in Campo, costruita nel 1800 su un’antica cappella, era un tempo meta di pellegrinaggi. Sul suo frontespizio il pittore Volonterio ha rievocato un episodio della “battaglia di Chiari” del 1701. La Chiesa di S. Pietro Campestre, ora S. Pietro al Cimitero, del 1100,la più antica di Urago, conserva l’affresco di S. Sebastiano e S. Rocco, i due santi invocati contro la peste,e dipinti del SeiSettecento raffiguranti, sulle pareti del presbiterio, i santi Gottardo, Erasmo, Pantaleone e Fermo. La Villa Zoppola e il suo parco edificata tra il Sette e l’Ottocento. La posizione amena degradante verso l‘Oglio e la presenza di alberi secolari fanno del parco uno dei più bei luoghi del paese, si trova in prossimità delle piste ciclabili ParaticoUrago, Urago Seniga. La Centrale, che prende il nome dalla centrale idroelettrica, costruita nel 1940 per lo stabilimento Marzoli di Palazzolo; la Montagnina dei Fra’, dove ci sono i resti di una costruzione romana, probabilmente una villa rustica del II sec. d.C.; la Rocchetta e il Paladù.
Corte Castiglioni,sita a Casatico di Marcaria, è un complesso ricco e morfologicamente originale che diede i natali a Baldassare Castiglioni. Le varie fasi della costruzione portano, attraverso il Quattrocento, Cinquecento e Settecento, alla formazione di un insieme in cui il passaggio da un arioso viale al ritmo serrato e stringente dei cortili e dei torrioni, in cui il susseguirsi di spazi aperti e chiusi, doveva dare a chi giungeva finalmente nel cortile grande,il senso del risalto che derivava al palazzo non tanto dal suo volume, quanto dall’essere esso la residenza del signore del luogo. Al di là delle tematiche architettoniche resta evidente un clima quattrocentesco, temperato, anche nelle torri e nel cortile chiuso, in senso umanistico.
Pumenengo paese tipicamente rurale con circa 1.600 abitanti, è un paese di confine. Oltre il fiume infatti, la provincia di Brescia. Solo dagli anni 60 è stato costruito il ponte che collega con l'altra provincia. Prima una barca che traghettava da una sponda all'altra. E’ dotato dei servizi essenziali quali la scuola dell’infanzia e la scuola primaria di primo e di secondo grado. Sul territorio vi sono strutture di pregio storico, artistico e culturale. Tali sono il Castello Barbo’ originariamente contornato da fossato e risalente al XIV secolo. Fatto erigere da Beatrice della Scala, moglie di Bernabò Visconti,è da diversi anni proprietà comunale e già in parte ristrutturato. Da ricordare il Santuario della Madonna della Rotonda. Leggenda narra che la statua della Madonna posta davanti al Santuario, di giorno venisse girata in direzione del paese confinante di Calcio, di notte si girasse da sola verso Pumenengo. Sempre leggenda vuole che la statua stanca di essere girata da una parte e dall'altra alla fine decidesse di rimanere rivolta verso Pumenengo. Oltre il Santuario la chiesa parrocchiale e un piccolo gioiello come la chiesetta di S.Giorgio. In pieno parco Oglio nord, ha lungo il fiume diverse sorgive e una riserva naturale chiamata “BOSCHETTO DELLE CAMPAGNE” riconosciuta ufficialmente a livello regionale e nazionale. In primavera questo boschetto è inondato dai fiori bianchi dell'aglio selvatico.
Il territorio attuale deriva dall’aggregazione al capoluogo dei comuni di Acqualunga, Farfengo e Padernello con la frazione Motella, effettuata nel 1927. Gli abitanti (Gabianesi) sono circa 5300 con le frazioni. L'antico nome del paese era Gabiano, dal 1863 Borgo San Giacomo. La storia del comune è legata al nome di due importanti famiglie: gli Emigli, ghibellini fautori dei Visconti di Milano e dopo la battaglia di Maclodio, i Martinengo, fedeli alla Serenissima, che dominarono fino all'epoca Napoleonica per poi passare,dopo la caduta di Bonaparte,sotto l'Impero Austriaco nel Regno LombardoVeneto.L’economia del comune verte attualmente sull’artigianato, sull'agricoltura e sull'edilizia e (specie nelle frazioni) è rinomato per alcune trattorie tipiche. Su questa realtà economica si è andata innestando con il tempo una altrettanto solida realtà culturale e la riscoperta di luoghi da tempo dimenticati: il Palazzo Della Volta ad Acqualunga, l’antico cimitero di Borgo San Giacomo, detto il “Sagrato”, e il Castello di Padernello recentemente acquistato dal Comune in comproprietà. Il vecchio Camposanto detto il Sagrato ha la forma di elegante chiostro con porticati, con una cappella centrale e la facciata rivolta verso la strada. Smise la sua funzione in seguito alla legge emanata nel 1806 che proibiva di seppellire i defunti all’interno del centro abitato. Il castello di Padernello edificato sul finire del 1400, ha poi subito notevoli rimaneggiamenti nel XVIII secolo ad opera del Marchetti,noto architetto bresciano. L’accesso all’edificio avviene tramite un ponte levatoio a nord che immette in un ampio androne e da qui in una corte quadrata porticata su due lati. Nel cortile i quattro lati sono tutti di diversa struttura. Malgrado la discontinuità stilistica,ed anzi persino grazie ad essa,il castello possiede un suo indiscusso fascino, al quale contribuiscono la cornice ambientale, e il borgo agricolo ancora intatto.
Soncino è un borgo ricco di suggestive testimonianze storiche e artistiche: la Rocca Sforzesca, il Museo della Stampa allestito presso l'antica Casa degli Stampatori, le Chiese e i palazzi storici sono tesori da conoscere e scoprire. La Rocca Sforzesca costruita per volere della famiglia Sforza, signori di Milano, a partire dall'anno 1473 ad opera dell'architetto Bartolomeo Gadio, con funzione esclusivamente militare. E' racchiusa fra quattro torri: torre del capitano, la torre cilindrica ricavata dal vecchio torrione della precedente cinta muraria, ed infine le due torri gemelle. Dal cortile si può scendere alle stanze sotterranee. Attualmente due sale delle Torri gemelle della Rocca sono adibite a Museo Archeologico e Storico, il salone rinascimentale è sede di mostre. Il Borgo medioevale. Con i palazzi decorati da fregi in cotto, i mulini e l'antica cinta muraria, la città murata è il risultato di uno sviluppo che inizia verso l'anno 1000 e trova la sua più forte connotazione verso la fine del XV sec. Nel borgo possiamo scoprire alcuni significativi monumenti: il campanile della Pieve di S. Maria Assunta, la torre civica, la torre ettagonale della chiesa di S. Giacomo, la rocca e fuori dalle mura, la chiesa di S. Maria delle Grazie affrescata da Giulio Campi. La Casa degli stampatori: si respira l'atmosfera di una vecchia stamperia ebraica del secolo XV. Al piano terra sono riposti nelle cassettiere caratteri di diverso stile, in legno ed in piombo e le lettere dell'alfabeto ebraico. Vi sono esposte alcune macchine da stampa manuali della fine dell'800 e dell'inizio del '900; si può ammirare pure la fedele ricostruzione di un torchio ligneo del 1400. Al primo piano sono esposti alcuni originali e le copie di libri stampati dai Sonsino, unitamente ad altre pubblicazioni specialistiche relative ai famosi stampatori. Nella saletta del secondo piano si può assistere alla proiezione di un interessante filmato che racconta la vicenda degli stampatori "Sonsino" nonché visitare la mostra didattica sulla storia della stampa. La Chiesa di Santa Maria delle Grazie. Lungo l'antica strada di Cremona si trova la chiesa costruita all'inizio del 1500 con l'adiacente convento sede dell'Istituto delle suore della Sacra Famiglia. All'interno si possono ammirare gli affreschi di Giulio Campi e dei fratelli Scanzi che ornano pareti e volte, i fregi in terracotta ed i monumenti funebri della famiglia Stampa.