La Repubblica
Venerdì 31 Maggio 1996
Caravaggio
artista bello dannato e umano
di FRANCO QUADRI
Un altro colpo a segno delle «Vetrine» gli spettacoli ripescati dall' Eti tra le compagnie escluse dal riconoscimento ministeriale e di conseguenza dai circuiti per un'ingiusta circolare. Ora se ne mostra un esiguo campionario al Teatro Verdi, e si spera che il vento favorevole porti a qualche risultato in più ne ha bisogno un teatro asfittico e forzatamente privato di ricambi generazionali. Al Piccolo Parallelo non occorreva però questa occasione per farsi conoscere a Milano, dove è già stato più volte apprezzato. Esiste da 15 anni, vive e lavora a non molti chilometri e, nonostante qualche discontinuità, possiede un linguaggio, una forza espressiva, una coerenza nel suo radicamento popolare nel trattare i temi della discriminazione, con un occhio attento per la problematica omosessuale.
Data la sua sensibilità per le morbidezze letterarie e per gli autori maledetti, si può comprendere come Caravaggio... i furori (andato in scena nei giorni scorsi) risponda perfettamente alle sue fonti d'ispirazione. E l'inquietudine del pittore e la sua origine lombarda lo avvicinano al suo interprete, Marco Zappalaglio, che infatti trova i momenti più felici negl'improvvisi tuffi del discorso nelle frasi aspirate e irte di dittonghi in bergamasco, che lo umanizzano a tratti riempiendolo di pathos. Il testo costruito come un flashback, che spicca il volo dal momento ella morte, consiste in un monologo che trae spunto da fonti documentali, ma anche da saggi critici col Longhi capintesta; ma Enzo G. Cecchi, regista e delicato scrittore di teatro, sceglie un andamento a frasi
brevi, spezzate, vere e condite di sofferenza. Tra i drappi rossi che pendono dal soffitto e assieme a lacerti scampoli bianchi coprono anche sedili e punti d'appoggio, il Caravaggio praticamente si racconta, al presente, riunendo le sue ansie d'avventure e di successo al tema dominante della ricerca artistica; ma intanto fa sentire la presenza mai sopportata dei potenti e ue la natura e le sue frequentazioni, bei garzoni e puttane, in un clima di persecuzione che tende a emarginarlo anche con l’arma dello scandalo. Mentre il buio s'inonda di chìaroscuri colorati sotto l'onda del pittore ma anche di Derek Jarman, e le musiche spaziano dai madrigali cinquecenteschi ai Talking Heads, ci si presenta un Caravaggio inconsueto: non trionfalmente maledetto, ma cagionevole e deboluccio, carico di legittime paure, carnalmente affermato dal rovello creativo, della cui genialità dovrà pagare lo scotto; ma vissuto come uno di noi, magari con qualche imprestito pasoliniano, nella febbrile adesione di Zappalaglio. Uno spettacolo che meritava di essere presente più a lungo nel paesaggio teatrale milanese: l'ovazione finale lo conferma…
Corriere della Sera Sabato 1 Giugno 1996
Caravaggio
evocato con vigore
di MAGDA POLI
Michelangelo Merisi detto «Caravaggio», uomo dall' esistenza dolorosa e travagliala, A questo artista, considerato «un punto d'origine di tutta la tradizione moderna della pittura», a questo genio che ha conosciuto la fama e la ricchezza, la povertà e la disperazione, il delitto, il carcere e l'esilio, la Compagnia Piccolo Parallelo dedica il convincente e avvincente “Caravaggio... i furori” di Enzo G. Cecchi. Lo spettacolo è stato presentato al teatro Verdi nell'ambito di «Vetrine», interessante progetto dell'Eti, nato per promuovere giovani formazioni. Il Caravaggio che troviamo sul palcoscenico è un uomo delirante, prossimo alla morte, divorato dalla malaria, ucciso dagli uomini del suo secolo che considerano la sua arte “infetta”, che lo tacciano di dipingere “i peggiori”, la povera gente, soggetti di strada ma non di “istoria”. E’un uomo semplice, ammalato di vita e di asma, che spesso parla in bergamasco, dialetto della sua terra, un uomo che si mescola, nelle strade di una Roma per lui carica “d'estasi e di fame”, a zingari, vagabondi, garzoni, poeti, bari e “bardasse”. Un artista i cui modi di interpretare i temi religiosi con laica «semplicità» irritano i potenti. Un artista “fedele alla realtà”, mentre «nella città manieristica e bigotta di Sisto V si chiedeva alla pittura nobiltà e devozione, non verità». A questo groviglio di furori e di dolori dà voce e corpo, con intelligenza recitativa e bella intensità Gianmarco Zappalaglio, guidato dalla regia di Enzo G. Cecchi che fa vivere questo suo Caravaggio, un po' romantico «maledetto» e un po' aspro contadino, in un'atmosfera febbricitante, utilizzando un efficace impasto linguistico fatto di vigorose forme dialettali e di preziosi arcaismi. Meritatamente calorosa l'accoglienza del pubblico.
Altre Recensioni
The Sunday Times (Malta) - Violent Genius - 26 Luglio 1998
The Times (Malta) - Caravaggio Pursued unto Destruction - 5 Agosto 1998