PICCOLO PARALLELO

Gli Scandalosi Eroi
Trilogia da Feodor Dostoevskij

UMILIATI E OFFESI
IL SOSIA
L’IDIOTA

progetto scenico, riscrittura e regia
Enzo G. Cecchi

Tante sono le interpretazioni a proposito delle opere di Dostoevskij e altrettante le strade che si possono seguire per possibili letture, ma Dostoevskij rimane sempre un enigma e già di per sé questo è motivo di fascinazione. Indubbiamente non bisogna dimenticare la grande letteratura, anche in rapporto all’altra letteratura, Russa ed Europea, prima e dopo, il periodo storico e le particolari vicende, pubbliche e private dell’autore. Alla fine, quello che rimane è un insieme di personaggi che trascinano le loro complesse personalità lungo le trame dei romanzi. Interpreti assoluti, mai secondari o alla pari rispetto alla natura, ai colori e agli odori di calcinacci, di freddo, umido e malaticcio di strade e palazzi. Interpreti, eroi loro malgrado, scandalosi in quanto banalmente esclusi dallo stereotipo dell’eroe, scandalosi perché fuori o al disopra delle regole e sempre in bilico fra orgoglio costrizione, presunzione e disprezzo. A tutto ciò aggiungiamo la continua ambiguità e dualità fra bene e male, e la non troppo velata attrazione, carnale e quasi erotica a volte, dell’eroe “buono” nei confronti di quello “cattivo”. Non ultima la capacità di Dostoevskij di esplorare la mente umana e di poterne sviscerare i diversi meccanismi senza però volere fornire una interpretazione dei comportamenti o una strada per la “guarigione”. Non esiste, non può esistere la guarigione o la salvezza, cose che hanno cercato di ottenere la Chiesa, Freud e altri, non Dostoevskij. Per la trilogia teatrale denominata GLI SCANDALOSI EROI, ho scelto tre romanzi: Umiliati e offesi, Il sosia e L’Idiota. Non avrebbe avuto senso per me affrontare una sola opera di questo grande scrittore, anche perché ritengo che il percorso da fare sia mentale, ancora prima che intellettuale e teatrale.

ENZO G. CECCHI


L’IDIOTA

L'Idiota è un romanzo-culto della letteratura mondiale. Due viaggiatori sul  treno Varsavia-Pietroburgo, affascinati uno dall'altro, iniziano a  parlare. Uno, il principe Miskin (l'idiota) torna a Pietroburgo dopo un lungo soggiorno in Svizzera dove veniva curato per una malattia "simile" alla epilessia. Senza nulla se non un fagotto e una lettera. L'altro Rogozin, figlio di una importante famiglia, fuggito per le ire del padre e per un amore che gli ha sconvolto la vita.

Anche lui torna a Pietroburgo senza nulla. Ha saputo che il padre è morto e ritorna per recuperare il proprio ruolo, la propria parte di eredità e il folle amore. Il principe Miskin e Rogozin si separano con la promessa di ritrovarsi. Rogozin, per amore e per carattere, inizia il proprio viaggio in tutti gli eccessi della vita.

Il principe Miskin va alla ricerca di una propria identità fino a perderla definitivamente. Miskin conosce e frequenta la ricca famiglia degli Epàncin, probabili lontani parenti, e la bella Aglaja di cui forse è innamorato. Ma c'è un'altra donna, evocata da Rogozin e da qualunque parte Miskin si volti. E' la bellissima, esagerata, teatrale e fragile Nastasja. Per lei Rogozin è impegnato a perdersi tutto, per lei Pietroburgo impazzisce, per lei Myskin dividerà il proprio amore per Aglaya. Nastasja, attratta dal corteggiamento dei tanti è affascinata dalla follia amorosa di Rogozin di cui ha paura e dall'amore consapevole che le offre Miskin e che lei rifiuta.

Per tutto il romanzo le vite di Myskin e di Rogozin si incrociano e quando il bianco e il nero si incrociano le sfumature diventano infinite. Miskyn e Rogozin sono attratti uno dall'altro, una sorta di amore dipendenza e rispetto che li rende complici e fratelli.

Fra le tante pagine del libro con momenti di bellezza eclatante e assoluta (gli ambienti chiusi e malati di Pietroburgo, i tanti troppi personaggi che continuano a incrociarsi far di loro, lo svenimento del principe nella serata del probabile fidanzamento con Aglaya, le tante fughe e ritorni di Nastasja e la fuga definitiva con Rogozin già in abito da sposa e sulla porta della chiesa dove l'attende Myskin) si arriva  momento finale. Rogozin accompagna per mano Myskin attraverso il buio delle stanze. Sparsi a terra l'abito e i gioielli di Nastasja, lei ricoperta di teli e profumi sembra dormire. Abbracciati uno all'altro, Rogozin che ha ammazzato Nastasja, continua a parlare e a piangere, Miskin che gradualmente e definitivamente perde coscienza di sé, continua a stargli abbracciato e ad asciugargli le lacrime.


IL SOSIA
Un Uomo – il Mendicante Nudo

da Feodor Dostoevskij
progetto scenico, riscrittura e regia: Enzo G. Cecchi
con Marco Zappalaglio ed Enzo Cecchi

La notte e il buio. A differenza di “Umiliati e offesi” che è una riduzione drammaturgica, il più possibile fedele, “Il sosia” è una sorte di tradimento Tutto sarà concentrato sul personaggio principale e sui suoi contorcimenti e turbamenti mentali. Lo spettacolo si chiamerà “Un Uomo – il Mendicante Nudo” e aldilà dei fatti reali – una città, un ponte, un domestico, alcuni superiori, un medico e una ragazza inconsapevole oggetto di un amore ossessivo – vorrà essere un viaggio nei meandri della mente – un fiume scuro che scorre sotto il ponte - sulla perdita di sé e la riacquisizione di un minaccioso altro da sé fino al devastante incubo dei tanti uguali a sé. Un uomo e le sue ossessioni scaricate sulla materializzazione dell’altro, ma proprio per questo sempre più interne e incapaci di fare male se non a sé. Per lo spettacolo, anche se qualche anno fa pensavo ad una coppia di gemelli, si concentrerà su Goljadkin, lo scandaloso eroe protagonista. La scena non avrà divisioni fra palco e pubblico, ci sarà un unico luogo scenico suddiviso in tre possibili ambienti : una camera – un salone per le feste – un ponte ed un fiume nero. Il pubblico sarà sistemato attorno o dentro questi possibili spazi. Oltre all’attore principale ci saranno altri quattro attori, perlopiù presenze silenziose. Anche qua l’uso delle telecamere servirà non tanto o non solo per rendere l’altro Goljadkin e i tanti altri Goljadkin, quanto la paura che un altro – scaturito da noi – può produrre.


UMILIATI E OFFESI

dal romanzo omonimo di
FEODOR DOSTOEVSKIJ

Riscrittura drammaturgica, costumi, luci e regia
ENZO G.CECCHI

con
GIANMARCO ZAPPALAGLIO - il Principe

DANIO BELLONI - Vania
MATTEO FEDERICI - Alioscia - Masloboev
ENRICA FONTANINI - la madre - Katia
GIORGIA SCALMANI - Natascha

e con
ENZO G. CECCHI - narratore

foto di Danio Belloni
tecnico Massimo Guerci
consulenza musicale Salvo Trovato

Anteprima: venerdì 17 novembre 2000, Longiano (FO), Teatro Petrella

Debutto: martedì 5 dicembre 2000, Crema. Teatro San Domenico

Di questo romanzo mi interessava la struttura da feuilleton. Una coppia di anziani piccoli possidenti onesti e caparbi con una figlia bellissima sentimental-edificante, innamorata più della complessità e impossibilità di un amore che non dell'amato stesso. Un principe dalle varie nature, principalmente egoista, malvagio e avido nonché "sciupafemmine". Il figlio del principe, buono e "banderuola". Un vecchio con un cane. Una bambina vittima di ingiustizie e malvagità che muore maledicendo. Uno scrittore smunto e intristito dedito genericamente alla salvezza dei buoni, ma che non potrebbe esistere se non esistessero i cattivi. Ricche ereditiere ed un amico trafficone e mascalzone, poi redento ed ancora un turbinio di tanti altri personaggi più o meno secondari o caratterizzati e…Niente colori accesi e violenti se non in qualche sprazzo, ma colori scuri, a volte torbidi ed ambigui. Niente urla strazianti, ma il sommesso dolore e l'orgogliosa consapevolezza della sconfitta, come l'odore di muffa e dimalsano che ci sembra sempre di percepire. Un feuilleton con tutti i crismi per la commozione e per il pianto con i belli, ricchi e cattivi che restano felici, indomiti e non paganti e gli umiliati e offesi intristiti e grigi come il loro dolore e l'umidità spezzata raramente dal sole. Per lo spettacolo ho seguito una andatura circolare, una sorta di giostra mentale e pericolosa in cui si muovono gli "umiliati"
fra continui e devastanti intrusioni del principe. Dei personaggi ho mantenuto Vania, lo scrittore, Natascha, la figlia, Anna la madre - che riunisce in sé anche i caratteri del marito -, il principe e Alioscia il figlio. A questi cinque personaggi si aggiungono per brevi apparizioni, Katia, l'altra fidanzata di Alioscia e Masloboev, l'amico di Vania. La bambina non è mai rappresentata, solo raccontata e presente come feretro. Con gli attori ho seguito un lungo percorso di avvicinamento al romanzo ed una ricerca sul personaggio che ci ha portato, di volta in volta, a togliere qualsiasi orpello e stereotipo sia teatrale che cinematografico. Verso uno stadio di quasi ipnosi e verso quel finto realismo e realismo magico che spesso ha caratterizzato i nostri lavori. E verso uno spettacolo che possiamo suddividere, pur con linee sottili e concatenate fra loro, in quattro movimenti:
1) la sospensione o l'attesa. L'implosione
2) l'avvicinamento o la preparazione dell'esplosivo. L'esternazione
3) l'esplosione e la devastazione
4) la quiete o la consapevolezza. O forse il risveglio con un po' di rimpianto.













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