Testo, regia, interpretazione: ENZO G. CECCHI
cura: Gian Marco Zappalaglio
Fra i calanchi delle colline romagnole dove il vento delle montagne si incrocia con quello che arriva dal mare scaturisce la condizione di Pietro. Un uomo che solo in età adulta e solo dopo la morte dei genitori scopre che forse non era figlio loro. Pietro non parlerà mai e non comparirà mai. Lo racconta un amico, con affetto e tenerezza. Un amico che Pietro ha voluto vicino a se, in una ricerca durata anni e mai approdata a nulla. Una ricerca che si svolge in un triangolo maledetto chiamato "Il Far West della Romagna", fra calanchi da brivido e canti, quasi ululati del vento. L'amico di Pietro, il protagonista del racconto, è il testimone di questa tessitura mai conclusa e ha deciso di raccontare perché così Pietro gli ha chiesto. La Romagna, quella delle colline e delle montagne, sogno perduto per entrambi, è il terzo protagonista, luogo mitico in cui si svolgono le vicende. Silenziosa, ironica, irraggiungibile e affascinante. Quasi un valzer, una mazurka, per celebrare la vita, quella che viene e quella che va.
Durata: 75 minuti
Prima Nazionale Teatro San Babila (Milano) — Mythos Festival, 9 novembre 2017
Note dell'autore
Ci sono situazioni nella vita in cui non riesci a capire cosa è reale e cosa appartiene al sogno. Ci sono situazioni nella vita in cui nasci e sei la maledizione di qualcuno, ma nello stesso tempo diventi la benedizione di qualcun altro. E il Demone diventa Angelo. Fra i calanchi delle colline romagnole dove il vento delle montagne si incrocia con quello che arriva dal mare scaturisce la condizione di Pietro. Un uomo che solo in età adulta e solo dopo la morte dei genitori scopre che forse non era figlio loro. Pietro non parlerà mai e non comparirà mai. Lo racconta un amico, con affetto, tenerezza, leggerezza. Un amico che Pietro aveva voluto vicino a se, in una ricerca durata anni e mai approdata a nulla. Una ricerca che si svolge in un triangolo maledetto chiamato "Il Far West della Romagna", fra calanchi da brivido e canti quasi ululati del vento. Dagli anni cinquanta ad oggi. Sessanta anni di vita vissuti a volte come fossero dati in prestito. L'amico di Pietro, il protagonista del racconto, è il testimone di questa tessitura mai conclusa e ha deciso di raccontare perché così Pietro gli ha chiesto. All'inizio questo protagonista avrebbe avuto voglia di raccontare solo per immagini e danza, poi prepotenti sono arrivate le parole che hanno voluto sposare la leggerezza del vento. La Romagna, quella delle colline e delle montagne, sogno perduto per entrambi, è il terzo protagonista. Luogo mitico in cui si svolgono le vicende, silenziosa, ironica, irraggiungibile e affascinante. Quasi un valzer, una mazurka, una polka, rigorosamente non classiche, ma da liscio appunto, romagnolo. Per celebrare la vita, quella che viene e quella che va.