NELLA SOLITUDINE DEI CAMPI DI COTONE
di Bernard-Marie Koltès

Prima rappresentazione in Italia

Regia
Enzo G. Cecchi

Traduzione
Ferdinando Bruni

con
Marco Zappalaglio, il Dealer
Enzo Cecchi, il Cliente

musiche
Joan Sebastian Bach e Stuart Copeland

grafica
Leonarda Frittoli

Produzione
Piccolo Parallelo
con la collaborazione del Centro RicercaDocumentazione Teatrale di Romanengo

Prima nazionale: Milano, Teatro dell'Elfo - 24 marzo 1992


DALLA SCHEDA DELLO SPETTACOLO


"Nella solitudine dei campi di cotone" da voce, in un luogo indistinto e nell'ora indistinta fra luce e buio, all'incontro misterioso fra due uomini - un Dealer (venditore) e un Cliente - che senza ammetterlo si cercano per un mercato da non rivelare, per una estenuante trattativa di cui non verrà mai dichiarato l'oggetto, tra il fiorire vertiginoso delle parole in un dialogo astratto che mette in causa la vita umana.


RILIEVI


Finita la trilogia in nero (Folk ti trai) non avevamo voglia di affrontare un altro testo scritto da noi. Avevamo l'impressione, giustificata, che qualsiasi cosa avessimo scritto o fatto, avrebbe comunque creato delle perplessità. Da tempo ci affascinava questo testo francese. E dato che volevamo un testo teatrale non nostro (mentre per "Jeannot" era stata effettuata una riscrittura molto libera), abbiamo deciso per Koltès. E a chi ci chiedeva perché, rispondevamo: perché no? Non volenti siamo caduti in mezzo ad una diatriba più alta di noi riguardante la figura di Koltès e ad un'altra prima di "Nella solitudine..." quasi in contemporanea. Tutto ciò ha senz'altro influito negativamente sia sulle anteprime sia sulla prima effettuata all'Elfo. C'è voluta poi l'estate per sciogliere il veleno delle polemiche e rimarginare le ferite perché potessimo riprendere lo spettacolo a mente più serena e con il sano piglio della non indecisione.


NOTE DI REGIA

Abbiamo immaginato Koltès (che secondo noi ancora non sapeva della malattia, ma già ne aveva un presentimento) da qualche parte a cercarsi un compagno e nella attesa immaginasse un colloquio con un altro sé, un dialogo/monologo da bilancio e da resa dei conti. Abbiamo immaginato lo stesso personaggio ubriaco di notte, di acqua e di insaziabilità di amore uscite da "La notte poco prima..." ed essere proiettato "Nella solitudine...". Non abbiamo voluto rappresentare due uomini alla ricerca dell'altro (sesso o droga) ne inserirli in impianti metropolitani ne in impianti sado-masochistici da dark-room ne abbiamo pensato al venditore in termini di pusher. Abbiamo voluto lo spettacolo pensando ad angeli caduti. L'uomo, quel Dealer che abbiamo vestito in maniera tanto astrusa, l'abbiamo immaginato come un nocchiero (imparentato con il nostro "portatore di acqua" di "Folk ti trai"?) e il cliente come un uomo in attesa in un inconsapevole dopo-morte e prima del viaggio definitivo.La prima versione(febb. -marzo '92 legata a diverse anteprime) era completamente bianca e rituale, quasi cimiteriale e desideravamo degli angeli di gesso che di tanto in tanto cadessero dall'alto sfracellandosi al suolo.La seconda versione(mag. -giugno '92 legata alla prima all'Elfo-MI e ad altre repliche) costruisce dei pontili, quasi un ambiente afro/orientale con un cliente nevrotico impaurito e arrabbiato che sa già a cosa va incontro e cerca di rimandare la propria ora.Perla terza versione(ott. '92 - Romanengo) il rapporto fra il dealer e il cliente è giocato sull'ambiguità. Il cliente stanco è già in scena assieme al dealer. Aspetta e non sa cosa potrà succedere da questa particolare compra/vendita. Di conseguenza anche la voce gioca con tonalità e intenzioni differenziate. Se siamo partiti pensando all'uomo uscito da "La notte poco prima...", terminiamo lo spettacolo con un occhio a quel testo scritto con già la consapevolezza della malattia e che è "Roberto Zucco". Il cliente non se ne andrà in giro a cercare un altro venditore (mentre il venditore ritornerà per un altro cliente), non ne avrà più il tempo e ormai nudo (come la foto del vero Roberto Zucco sui tetti) capirà.


NOTE DI CRITICA


«... Cecchi ne ha fatto una lettura "orientale"... Ma sopravvanzano anche le nebbie della pianura padana e la desolazione delle borgate romane del Pasolini "notturno". La recitazione è acerba, ma è salva e va lodata la passione che IL Cecchi e LO Zappalaglio hanno messo nella loro ricerca».
IL GIORNO, Ugo Ronfani

«II modulo scelto per la recitazione è quello di una frase musicalmente intonata e ripetuta all'infinito: crea comunque, un'atmosfera astratta e da incubo di efficace pregnanza, specie da parte di Marco Zappalaglio che ha il ruolo di Dealer».
L'AVVENIRE, Odoardo Bertani

«... l'accompagnamento di pezzi di Bach, dopo un'introduzione di musica nera, tende a sublimare un tono alto. La contrapposizione di due vite a repentaglio di fronte all'ignoto, tanto da avanzare scansando i fantasmi quasi fossero mosche, cerca un arricchimento nella letteratura e nell'immaginario personale: anche se ci si sarebbe atteso che questi mondi permeassero di sé lo spazio con una più pregnante singolarità».
LA REPUBBLICA, Franco Quadri

«... il Dealer sembra un Re del Bosco che attende il suo carnefice: quel dialogo crudele serve a istruirlo ed eccitarlo in modo da fargli compiere l'omicidio necessario. Così semplificata, la pièce diventa forse più facilmente leggibile. Il racconto che Koltès lasciava volutamente sospeso trova una possibile conclusione».
IL MANIFESTO, Oliviero Ponte Di Pino












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