testo e regia di
Enzo G. Cecchi
con
Gianmarco Zappalaglio ed Enzo Cecchi
tecniche suono e luci
Giorgia Scalmani, Enrica Fontanini
ricerca musicale
Salvo Trovato
musiche dai film di Pedro Almòdovar
Ostaggio di sé è concepito come una sorta di scatola cinese: uno spettacolo che mostra la messa in scena di uno spettacolo che racconta di due attori impegnati nella realizzazione di uno spettacolo. Con i due personaggi che indossano alternativamente le maschere della scena e quelle della vita. La storia è semplice: un regista che per anni ha vissuto lontano dal mondo e dal Teatro, accumulando rancori, oggetti e varie chincaglierie, decide di ritornare sulle scene e richiama il vecchio compagno di un tempo per allestire uno spettacolo dal titolo Ostaggio di sé. Quello a cui il pubblico assiste è il resoconto impietoso e divertente di tutto questo: l’incontro fra il regista misogino e l’attore ossigenato, il periodo di prove in un clima tragicomico di scontri e incomprensioni, il ribaltamento dei ruoli mischiato alle vicende private e la costante indecisione della scelta della scenografia: gabbia, labirinto o palude? E laddove convenzionalmente si tenta di celare la “naturale” rivalità fra gli attori, qui l’astio, l’invidia, l’affezionata velenosità dei due personaggi diventano il filo conduttore di una sfida spietata.
Ostaggio di Sè è uno spettacolo sul lavoro dell’attore e la “malattia” del Teatro, sul rapporto che questo intrattiene con la vita quotidiana e sulla forte/debole identità degli uomini di teatro. Con tutte le contraddizioni vere o false che queste problematiche si portano appresso: il bisogno di riconoscimento sociale, la ricercata purezza e il grande amore per proprio mestiere. Con questo nostro venticinquesimo spettacolo torniamo a misurarci con la materia pura del Teatro, con il Teatro senza aggettivi: né teatro sociale, né teatro ed handicap, né teatro della memoria o quello per ragazzi ma Puro Teatro. Il testo (influenzato dal libro di Goffmann La vita umana come rappresentazione teatrale) scava in quella sorta di rappresentazione della vita quotidiana che l’attore incarna ogni volta che sale sul palcoscenico. E l’ironia ci sembra l’arma migliore per scandagliare questa condizione. Cosi si può essere talmente superficiali da essere profondi, cosi semplici da essere complessi, cosi ambigui da essere trasparenti.