Re Lear delle nebbie
(Prima delle stelle cadenti)
Pieghevole in formato pdf (fronte)
Pieghevole in formato pdf (retro)
testo, regia Enzo G. Cecchi
con Marco Zappalaglio, Enzo Cecchi
e con Anna Carra, Angelo Lucchi, Giovanni Massimo
produzione Piccolo Parallelo per NEXT 2009 - Regione Lombardia
in collaborazione con Teatro G. Galilei, Romanengo (Cr) e Parco Oglio Nord
A distanza di 22 anni dal nostro storico spettacolo Martén, capofila di quel fortunato filone chiamato “teatro della memoria”, ci interessava riprendere il tema e andare oltre. Allora tre fratelli di tre diverse generazioni si reincontravano su un tappeto di granoturco. Ora un uomo anziano aggrappato al proprio territorio e alla propria casa si ritrova a fare i conti con i propri figli, nati in generazioni diverse. Figli per cui l'affetto si mescola a rancore e che dispersi per il mondo non vede da anni. Tutti hanno nei confronti del padre dei conti e dei rancori da regolare. Allora, in Martèn, la scusa del ritorno era determinata dal matrimonio del fratello più piccolo. Ora il padre chiama a se i figli con la scusa della divisione di una eredità. E dopo tanto tempo in cui nessuno aveva avuto più contatti con gli altri, il ritorno e l'incontro. In una ormai forzata impossibilità a ricucire con il passato e anche con il presente. Come un moderno RE LEAR che chiama a se i figli nel tentativo di riconsegnare loro una impossibile eredità.
Nel 1987 avevamo debuttato a Bologna con “Martèn - L'uomo delle onde”, storia di tre fratelli e l'ambientazione erano 10 quintali di granturco disposti come un giardino giapponese. Il successo è stato notevole. Con Martèn, più o meno casualmente, è iniziato quel filone definito più o meno impropriamente “Teatro della Memoria”. Ma più che di memoria, noi volevamo parlare del presente e di sfilamenti della società. Allora in Martèn, il fratello più vecchio, ancorato alle proprie radici e alla terra, si fingeva ceco per meglio potere vedere gli altri due che erano fuggiti ed erano tornati per il matrimonio del più giovane. Giocato in bianco e nero virato seppia, lo spettacolo si concludeva con l'uccisione del fratello di mezzo e la pazzia del più grande. Allora avevamo giocato su diversi livelli, dal testo, ai dialetti, ai profumi fino all'erotismo di tre corpi giovani spesso seminudi. Dopo circa un centinaio di repliche, spaventati dal clamore e non volendo rinchiuderci in un clichè che non ci apparteneva, abbiamo abbandonato lo spettacolo. Ora, a distanza di 22 anni, ci interessava riprendere il tema e andare oltre. Allora tre fratelli di tre diverse generazioni. Ora un uomo anziano aggrappato al proprio territorio e alla propria casa si ritrova a fare i conti con i propri figli, nati in generazioni diverse. E tutti hanno nei confronti del padre dei rancori, dei “conti e da regolare”. Allora la scusa del ritorno era determinata dal matrimonio (vero o presunto) del fratello più piccolo. Ora è il padre che chiama. Figli per i quali l'affetto si mescola a rancore e che dispersi per il mondo non vede da anni. Di otto figli, cinque rispondono “all'appello”, di tre si sono perse le traccie. La motivazione per ritrovarsi è una lettera del padre che chiama a raccolta i figli perchè sta male e vuole dividere l'eredità prima di morire. Nell'intenzione del padre doveva essere una festa, ma incomprensioni, dolore e un affetto che non si è mai manifestato e non si manifesterà mai, prenderà le pieghe del rancore cupo e irrimediabile e la tragedia della resa finale dei conti. Tutti contro tutti in una ormai forzata impossibilità a ricucire con il passato e anche con il presente. Come un moderno Re Lear che chiama a se i figli nel tentativo di riconsegnare loro una impossibile eredità. L'incipit dello spettacolo, sarà lo stesso, 22 anni dopo, una lunga genealogia raccontata al buio e rumori di passi nella notte, ma gli sviluppi totalmente differenti.
Enzo G. Cecchi